MEDITAZIONE E FOSFENISMO

MEDITAZIONE

Il termine meditazione designa un insieme di pratiche i cui obiettivi sono diversi. Ma si è d’accordo sull’idea che si tratti di riportare l’attenzione verso l’interiorità, di esaminare il mentale e il suo funzionamento.

Considerata per molto tempo appannaggio delle religioni orientali, la meditazione si è imposta in Occidente in particolare grazie all’insegnamento di Maharishi Mahesh Yogi.

La meditazione consente di sviluppare le proprie facoltà mentali, di diventare più coscienti, di entrare in contatto con delle forze spirituali, ma anche, più modestamente, di ricercare un equilibrio fisico e mentale. Essa può assumere ogni tipo di forma: concentrazione sulla respirazione, ripetizione di un mantra, vuoto mentale…

Possiamo distinguere due tipi di lavoro.

Nel primo caso si ricerca lo stato di vuoto mentale.
Nel secondo caso, si lavora sullo stato di calma mentale. Ci si lascia trasportare dalle sensazioni percepite.
Fare una panoramica delle diverse forme di meditazione non è lo scopo di questo breve studio. Preferiamo studiare il suo principio alla luce delle scoperte di un ricercatore francese, il Dottor Francis Lefebure. In effetti, la comprensione fisiologica dei meccanismi che reggono la meditazione permette di evitare un bel po’ di ostacoli e fa guadagnare parecchio tempo a coloro che ricercano il risveglio spirituale.
Il Dottor Lefebure giunge ad analizzare in modo preciso gli effetti dei diversi esercizi. Per questo si serve dei fosfeni, sensazioni luminose soggettive che possono essere ottenute fissando brevemente una sorgente luminosa.

Egli ha concepito un protocollo, la cervoscopia, che mette in evidenza il ritmo dell’alternanza degli emisferi cerebrali. Studiando l’oscillazione dei fosfeni doppi, il Dottor Lefebure ha identificato un certo numero di parametri che permettono di ottimizzare la pratica della meditazione.

La prima conclusione dei suoi lavori è che non è opportuno ricercare il vuoto mentale. Sul piano fisiologico, è un controsenso voler eliminare i propri pensieri per un lungo periodo.

IL VUOTO MENTALE, UN CONCETTO VUOTO DI SIGNIFICATO

Azione del «VUOTO MENTALE» sul pensiero.

Quando ci si impegna per scacciare qualunque pensiero possa sorgere, sia visivo che auditivo, si osserva una tensione a livello del viso, un po’ come se la circolazione avvenisse con difficoltà.

Dopo questo esercizio, si hanno meno pensieri in mente, si ha difficoltà di riflessione e si risente di un certo nervosismo.
Le persone che si addestrano in questo modo per decine di anni, paralizzano di fatto la loro capacità di riflessione, e quindi il loro senso critico. Possono andare soggette a seri mal di testa e a disturbi nervosi.
Questa tecnica viene utilizzata nelle sette, associandola ad un regime alimentare molto ricco di glutine, che rallenta considerevolmente l’irrorazione del cervello.

Una cervoscopia fatta su una persona che aveva praticato per dieci anni il vuoto mentale e che soffriva di depressione, ha mostrato che funzionava un solo emisfero. Essa non vedeva che un solo fosfene, e questo restava fisso.

Dopo una settimana di pratica di dondolamenti laterali, ha notato che le sue tendenze suicide si attenuavano e che ritrovava il gusto di vivere. Una nuova osservazione dei fosfeni doppi rivelò questo miglioramento, perché essa percepiva questa volta due fosfeni che si alternavano normalmente, prova che le connessioni inter-emisferiche erano state ristabilite.

Test:

Provare a tenere in mente uno stesso pensiero (ad esempio un fiore).

Si osserva che: il pensiero è dinamico. Si eclissa oppure lascia il posto a pensieri parassiti, o ancora si arricchisce di elementi nuovi. Può anche essere percepito in maniera frammentaria, a volte con la sensazione di un nostro spostamento intorno all’oggetto o di uno spostamento dell’oggetto stesso. L’oggetto può anche deformarsi.

Legge 1: Non si può tenere in mente per lungo tempo uno stesso pensiero. Il pensiero evolve e si trasforma.

NON BISOGNA CONFONDERE VUOTO MENTALE E CALMA MENTALE!

La pratica del Fosfenismo produce calma mentale e stimola tutte le funzioni cerebrali. La calma mentale è caratterizzata da una sensazione di rilassamento fisico e di pace, e non dall’assenza di pensieri, perché si hanno ancora delle idee e si percepiscono delle immagini e delle sensazioni soggettive. Le funzioni cerebrali sono quindi in piena attività e sono migliorate dai fosfeni che stimolano le connessioni inter-emisferiche.

Legge 2: Il vuoto mentale, definito come uno sforzo costante per impedire ai pensieri di giungere alla coscienza, perturba il funzionamento cerebrale.

Calma mentale e fosfenismo

Durante la fissazione, fare un leggerissimo dondolamento laterale. Durante la presenza del fosfene, osservare i pensieri che arrivano alla coscienza.

Rifare un fosfene con un leggero dondolamento e, di nuovo, prendere coscienza dei pensieri che sopravvengono.

Stessa operazione per una terza volta. Lasciar venire i pensieri e osservarli. C’è una differenza di qualità tra i primi e gli ultimi pensieri?

Legge 3: La calma mentale agisce come una pompa che attira, come reazione, numerosi pensieri. I pensieri ottenuti in questo modo sono più ricchi in qualità dei pensieri abituali: più ricchi in immagini, in colori e in luminosità.

Non è fisiologico tenere in mente un’immagine o un concetto per lunghi periodi, poiché il pensiero evolve e si trasforma in permanenza, Alcuni esercizi necessitano tuttavia di non «sparpagliarsi troppo», per cristallizzare il pensiero in modo più efficace. Un modo fisiologico per aggirare questo problema è di non attenersi ad un solo concetto o ad una sola immagine, ma di focalizzarsi su un gruppo di immagini o di concetti correlati. In effetti, il concetto «luce» può essere rappresentato in immagini con numerose varianti sul tema: un fuoco, una stella, una cometa, un fiammifero, una lampadina, etc. Tutte queste rappresentazioni si correlano al concetto «luce».

Nello stesso modo, il concetto «vegetale» può essere declinato in maniera quasi infinita, dato che esistono una moltitudine di fiori e di alberi. Passando da una rappresentazione all’altra, uno stesso concetto può essere mantenuto per lunghi periodi, senza andare contro la fisiologia cerebrale.