AIUTO AI MORENTI
Nel 1976, il Consiglio d’Europa si è pronunciato sui Diritti dei malati e dei morenti, che ha così definito:
- diritto alla libertà
- diritto alla dignità e all’integrità della personalità
- diritto di essere informato
- diritto alle cure adeguate
- diritto di non soffrire
I lavori di Elisabeth Kübler-Ross hanno fatto molto per cambiare la mentalità e per valorizzare l’accompagnamento ai morenti. In effetti, la nostra società materialista ha perso il senso spirituale della morte e tende ad occultarlo. L’accompagnamento ai morenti, che si pratica in molte tradizioni, è diventato nella nostra società un gesto semplicemente terapeutico, quando non si tratta di pure e semplici dimissioni. La nostra società deve riapprendere ad accettare la morte, finalità ineluttabile dell’esistenza.
Numerose tradizioni parlano di un processo di ipostasia o esame di coscienza. Nello stesso modo, le persone che hanno vissuto uno stato di morte apparente raccontano spesso di aver assistito ad una ricapitolazione della loro vita prima di essere rianimati.
Accettare la morte non significa essere fatalisti, al contrario. Partire nella pace e nella serenità è benefico per il morente. Non ne vuole più a nessuno, non più di quanto nessuno ne voglia a lui. I suoi demoni sono esorcizzati ed egli si sente pronto a morire.
Attualmente sono gli psicologi, gli infermieri e i medici che fanno un lavoro meraviglioso in questo senso. Hanno sostituito il sacerdote che dispensava l’estrema unzione. A nostro parere, questa preparazione dovrebbe essere realizzata dai Medium. In effetti, solo uno specialista dell’aldilà può guidare il morente in modo pertinente.
Questo concetto della morte è nuovo per noi, ma tutte le tradizioni predicano la pace e la serenità per vivere l’ultima Iniziazione che è la morte. I Tibetani dicono del morto che “conosce la risposta a tutte le domande”.
La recrudescenza delle testimonianze sugli stati di morte apparente, dovuta ai progressi delle tecniche di rianimazione, ha fatto percorrere un grande cammino ai medici, agli psicologi e agli psichiatri. Questi fenomeni hanno sollevato in seno all’ambiente medico un bel po’ di interrogativi sulla morte, come pure sulla vita. Queste testimonianze fanno riferimento ad un “altro lato” che non è il vuoto, ma un universo ricco di colori e di sensazioni, un universo altrettanto vivo del nostro, se non di più. Naturalmente questo presuppone che durante e dopo la morte la coscienza sia ancora presente, il che si oppone ad una concezione materialista della morte. “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. La celebre frase di Lavoisier può suggerire l’immortalità della coscienza. Tale comprensione della morte non può essere il frutto di una costruzione intellettuale, ma di un’esperienza individuale.
L’iniziazione mette l’individuo in contatto con l’universo spirituale. Avendolo vissuto, l’individuo non ha più nulla da temere dalla morte perché può darle un senso, un valore, così come la vita possiede un valore per la consapevolezza che l’individuo ne ha. L’iniziato comprende la natura della morte attraverso l’esperienza: essa non è un annientamento, ma una rinascita. L’esperienza iniziatica può aiutare gli individui a capire i meccanismi del passaggio nell’altro mondo e permette di guidare il morente. E’ certo che coloro, uomini o donne, che hanno vissuto anche un solo fenomeno di esteriorizzazione, affrontano il momento della morte con un altro stato d’animo e con la certezza che la coscienza trascende l’esistenza corporea.
Lo sdoppiamento può prodursi allo stato di veglia o nel sonno, spontaneamente o grazie all’addestramento iniziatico. Può anche essere il risultato di una malattia. Ciononostante, essere proiettati “nell’aldilà” non basta per morire. La morte può essere definita come la rottura definitiva del legame che unisce il corpo alla coscienza.
E’ perfettamente possibile ottenere delle percezioni spirituali in piena coscienza, è ciò che l’addestramento iniziatico permette di fare facendo lavorare certi organi, in particolare l’epifisi e il cuneo. L’epifisi, o ghiandola pineale, secerne l’ormone regolatore del sonno: la melatonina. Il cuneo, situato a livello della sporgenza occipitale, zona della visione nella parte posteriore della testa, è l’organo responsabile della percezione dei fosfeni spontanei, delle immagini ipnagogiche, delle immagini del sogno e delle visioni.
Nei racconti di morte clinica apparente, si parla soprattutto di scene visive e abbastanza poco degli altri aspetti sensoriali. Essi tuttavia esistono e ce ne si rende conto durante le esperienze di estensione di coscienza: percezione di ritmi (oscillazioni, rotazioni, tremolii), percezioni di movimento (sensazione di fluttuare, di volare a grande velocità, di ondeggiare), percezione di suoni (rumori, voci, musiche celesti). Sembra dunque che esista un equivalente degli organi responsabili delle percezioni visive soggettive a livello dell’udito (che produce la chiariudienza) o a livello dell’organo del senso dell’equilibrio (che dà la percezione di movimento del corpo sottile: sensazione di fluttuare, di salire, di scendere, di vorticare).
Infatti, per ciascun senso fisico esiste un equivalente interiore o soggettivo. Il Dottor Francis LEFEBURE, medico e ricercatore francese, ha evidenziato questi sensi interiori con uno studio della fisiologia cerebrale realizzato con l’ausilio dei fosfeni. I fosfeni sono le sensazioni visive soggettive. Egli ha chiamato sistema fenico questo insieme di sensi interiori.
Il sistema fenico
- Il fosfene corrisponde al senso della vista.
- L’acufene corrisponde all’udito.
- Il gustatofene corrisponde al gusto.
- L’olfattofene corrisponde all’olfatto.
- Il tattofene corrisponde al tatto.
- Il pneumofene corrisponde alla respirazione.
- Il girofene corrisponde al senso dell’equilibrio.
- Il miofene corrisponde all’attività muscolare.
- L’osteofene corrisponde alle proprietà elastiche dello scheletro.
A queste bisogna aggiungere la percezione soggettiva del tempo.
Grazie alle sue scoperte in fisiologia cerebrale, il Dr LEFEBURE ha messo a punto un insieme di tecniche iniziatiche e di sviluppo personale: il Fosfenismo. Queste tecniche permettono di produrre agevolmente dei fenomeni di sdoppiamento. In questo modo, le persone che praticano il Fosfenismo possono scoprire un nuovo aspetto di se stesse e dell’universo.
Apporto del Fosfenismo nell’accompagnamento ai morenti
Grazie alla pratica del Fosfenismo è possibile aiutare il morente guidandolo nel momento della sua morte:
- proiettando delle energie sottili che permettono di densificare il doppio e di provocare in lui uno stato di ipercoscienza;
- proiettando il pensiero ritmato sul morente, in particolare l’oscillazione in croce del punto di concentrazione;
- descrivendogli le diverse fasi del grande viaggio, repertoriate grazie alle testimonianze delle persone che hanno vissuto degli stati di morte clinica temporanea;
- aiutandolo a fare il suo esame di coscienza;
- infine, esortandolo ad andare verso la luce…