Domande frequenti
SCIENZE PSICHICHE E
TECNICHE INIZIATICHE
2a PARTE
1 - Quali sono le tre chiavi dello sviluppo individuale?
- Fissazione di una fonte luminosa per stimolare l’insieme delle facoltà cerebrali.
- Mescolanza di un pensiero ad un elemento fenico.
- Pratica del pensiero ritmato, con tre gruppi di lavoro.
- Figure geometriche, che danno accesso ai piani del pensiero astratto.
- Mondo vegetale, che dà accesso al piano eterico.
- Punto di concentrazione, che dà accesso ai piani superiori della coscienza.
Le tre condizioni in ordine di importanza della loro pratica:
- Regolarità del ritmo.
- Scelta del ritmo.
- Scelta del pensiero che si utilizza per ritmare la propria psiche.
2 - Quali sono le condizioni necessarie per ottenere un risultato?
1. Trasformazione dell’energia del pensiero in energia mentale:
– Sogni di insuccesso negli studenti che preparano gli esami.
La preparazione di un esame procura in certi candidati un fattore di stress molto grande e non è raro che una volta passato l’esame, nelle notti seguenti, lo studente sogni di non farcela all’esame. Una liberazione totale dell’energia (di stress) accumulata non avviene che a posteriori.
– In occasione di un compito assegnato senza preavviso, gli studenti raccolgono le idee come possono, ma sono in generale piuttosto insoddisfatti del loro lavoro quando lo consegnano. Poi, parecchie ore più tardi, persino l’indomani o due giorni dopo, le idee emergono in un flusso continuo Sono perfettamente organizzate e avrebbero permesso di fare un lavoro eccellente.
Il cervello continua a trattare le informazioni e le idee, anche quando ormai non si pensa più al tema da sviluppare. Lavora senza che ce ne rendiamo conto. E, di colpo, le idee affiorano alla coscienza, quando meno ce lo aspettiamo. Il fatto di riflettere in anticipo su un argomento da sviluppare, permette di mettere in moto le vie neurologiche della riflessione.
– L’accumulo di idee tristi, malinconiche, poi di idee nere, con una ripetizione mentale cosciente o incosciente, può condurre alla depressione.
La meditazione su un tema permette la cristallizzazione del pensiero su questo tema.
E’ questo il principio utilizzato nelle religioni, per esempio attraverso la preghiera, le litanie, le meditazioni, i mantra.
Qualsiasi ripetizione mentale provoca un accumulo di pensieri della stessa natura, e quando si raggiunge la saturazione neurologica, c’è lo scatenamento di un fenomeno psichico.
IMPORTANZA DEL RITMO FISICO
2 – Trasformazione delle energie fisiche in energia mentale:
– Melodia musicale che torna spontaneamente alla coscienza (accumulo di un ritmo sonoro).
Chi non si è mai sorpreso a canticchiare una melodia spesso del tutto priva di interesse, come gli slogan sentiti alla radio?
– Viaggi in treno, nave, macchina, aereo, bicicletta, passeggiata a cavallo etc…. (accumulo visivo, sonoro, vibratorio). Le sensazioni si scatenano di nuovo la sera del viaggio, nel dormiveglia, dopo un tempo di latenza.
Questo tempo di latenza spiega come spesso i fenomeni si scatenino non durante gli esercizi ma parecchie ore dopo l’allenamento e in particolare nel dormiveglia del mattino.
I ritmi fisici permettono di accumulare diverse energie nel pensiero.
Per fare questo, bisogna dare al cervello un impulso estremamente regolare, di modo che le energie si accumulino davvero e provochino delle sincronizzazioni che libereranno una potenza formidabile.
IMPORTANZA DEI DONDOLAMENTI FISICI
3. I dondolamenti della testa:
Si tratta di provocare un leggero massaggio del cervello producendo un ritmo che favorisce il pensiero ritmato. E’ un ritorno ad una pedagogia naturale.
Oscillando la testa, anche molto leggermente, provochiamo una variazione della pressione che produce una variazione nella circolazione, dunque degli scambi chimici, e delle variazioni nell’attività elettrica del cervello; tutto questo si ripercuote sul pensiero. Quando un’onda cerebrale diviene gigantesca, anche il pensiero lo diventa, generando delle immagini di gigantismo sia nel tempo che nello spazio. Per esempio, le religioni che coltivano il pensiero ritmato hanno sempre avuto delle effigi più grandi del naturale. Per comprendere bene il modo in cui fare i dondolamenti vedere SVILUPPO INDIVIDUALE.
3 - Bisogna praticare il vuoto mentale?
IL VUOTO MENTALE, UN CONCETTO PRIVO DI SENSO.
Azione del “VUOTO MENTALE” sul pensiero.
Quando ci si impegna per scacciare dalla mente ogni pensiero, visivo o uditivo, si osserva una tensione a livello del viso, un po’ come se la circolazione sanguigna fosse difettosa.
Dopo questo esercizio, ci sono meno pensieri coscienti e si fa fatica a servirsi della capacità di riflessione. In compenso immediatamente dopo ci si sente molto nervosi.
Le persone che si addestrano in questo modo per decine di anni paralizzano di fatto la riflessione, quindi il loro senso critico. Molti hanno delle emicranie molto forti e si ritrovano molto rapidamente con dei disordini nervosi.
Una persona che aveva praticato questa tecnica di vuoto mentale per dieci anni (molto utilizzata nelle sette per indebolire le difese naturali, questa tecnica è generalmente associata a un regime alimentare molto ricco in glutine, presente in abbondanza nel riso, che ostruisce i capillari impedendo così la buona irrigazione del cervello e di conseguenza il suo buon funzionamento), era fortemente depressa e aveva delle tendenze suicide. Quando osservava i fosfeni doppi, vedeva un solo fosfene fisso e non ne vedeva nessuno dall’altro lato. Ciò significa che era sempre lo stesso emisfero ad essere costantemente sotto tensione, da cui la tensione nervosa che l’aveva condotta fino alla depressione ed alle tendenze suicide.
Dopo una settimana di pratica di dondolamenti laterali, ha osservato che le sue tendenze suicide si erano attenuate e che ritrovava il gusto di vivere. Una nuova osservazione dei fosfeni doppi rivelò questo miglioramento, in quanto percepiva questa volta due fosfeni che si alternavano normalmente, prova che i collegamenti inter-emisferici erano stati ristabiliti.
Test:
Cercare di conservare uno stesso pensiero nella mente (per esempio un fiore).
Si osserva che il pensiero è dinamico. Si eclissa oppure è sostituito da pensieri parassiti, oppure ancora si arricchisce di elementi nuovi. Può anche essere percepito in modo parcellizzato, talvolta con la sensazione di uno spostamento intorno all’oggetto stesso. Può anche succedere che l’oggetto si deformi.
Legge 1: non si può conservare a lungo uno stesso pensiero nella mente. Il pensiero si evolve e si trasforma.
NON BISOGNA CONFONDERE IL VUOTO MENTALE CON LA CALMA MENTALE!
La pratica del Fosfenismo provoca una calma mentale e stimola tutte le funzioni cerebrali. La calma mentale è caratterizzata dalla sensazione di rilassamento fisico e di pace, ma non per l’assenza di pensiero, perché permangono delle idee e si percepiscono molto rapidamente delle immagini e delle sensazioni soggettive. Le funzioni cerebrali sono dunque in piena attività e sono migliorate dai fosfeni che stimolano i collegamenti inter-emisferici.
Legge 2: il vuoto mentale, definito come sforzo costante per impedire ai pensieri di emergere nella mente, perturba il funzionamento cerebrale.
Calma mentale e fosfene.
Durante la fissazione, fare un dondolamento laterale molto leggero. Durante la presenza del fosfene, osservare i pensieri che vengono alla coscienza.
Rifare un fosfene con un leggero dondolamento e, nuovamente, prendere coscienza dei pensieri che affiorano.
Stessa operazione una terza volta. Lasciare venire i pensieri e osservarli. C’è una differenza di qualità tra i primi pensieri e gli ultimi?
Legge 3: la calma mentale agisce come una pompa che attira, per reazione, numerosi pensieri. I pensieri così ottenuti sono più ricchi in qualità dei pensieri abituali: più ricchi di immagini, di colori, così come di luminosità.
LE PROPRIETA’ DEL FOSFENE
OSSERVAZIONE DEL FOSFENE
I ritmi del fosfene:
– colori | – eclissi | – spostamento | – pulsazioni |
– movimenti vorticanti | – tremori | – osservazione del bagliore diffuso |
Il fosfene è una sensazione soggettiva caratterizzata da un insieme di movimenti e di ritmi.
Ora, movimento e ritmo costituiscono la definizione stessa di energia. Il fosfene ci dà di fatto delle informazioni preziose sul funzionamento del cervello concernenti particolarmente l’alternanza cerebrale: tutte le operazioni cerebrali si svolgono in maniera ritmica, con delle alternanze multiple. E’ quello che ci dimostrano in modo ancora più stupefacente i fosfeni doppi (vedere l’esame cervoscopico).
4 - L’alimentazione svolge un ruolo importante nel raggiungimento dei risultati?
Non c’è alcun dubbio che la nostra alimentazione abbia conseguenze dirette sulla quantità e la qualità del nostro sonno, e quindi sulle esperienze che potremmo vivere la notte.
Durante il sonno, il nostro cervello ha bisogno di nutrimento, vale a dire di quelle sostanze chimiche semplici che sono contenute negli alimenti. Questi nutrimenti hanno un’influenza sul nostro stato psicologico allo stato di veglia, ma hanno anche un’incidenza sulla nostra vita notturna.
L’insieme degli elementi che noi “ingurgitiamo” nel corso della giornata sarà trasformato in proteine. Le proteine diventeranno dei “precursori”, dei neuromediatori o dei neurotrasmettitori che hanno il ruolo, tra l’altro, di far funzionare il nostro cervello.
Nel nostro cervello, parecchi sistemi di questi neurotrasmettitori sono in interazione per modulare il nostro comportamento durante la giornata, ma anche durante la notte.
I neuromediatori come la dopamina e l’adrenalina corrispondono piuttosto alla vita in stato di veglia, alla vigilanza ed alla stimolazione, mentre la serotonina corrisponde al sonno.
Tuttavia, non si passa da uno stato di veglia ad uno stato di sonno in maniera brusca, ma al contrario è lungo tutto il ciclo veglia/sonno che i precursori dei neuromediatori entrano in gioco. Possiamo quindi affermare che è lungo tutta la giornata che prepariamo la qualità della notte, e in particolare il tipo di sonno, pesante o leggero.
Quanto alla qualità dei nostri sogni, questi sono molto spesso determinati dall’ultima ora prima di addormentarsi. Ecco perché la seduta di Fosfenismo della sera sarà sempre ben più proficua di quella fatta in un altro momento della giornata, salvo per quelli che avranno cura di addormentarsi con un esercizio iniziatico o con una preghiera.
Alcuni di questi “precursori” a cui ho accennato sono degli aminoacidi “essenziali”. Aminoacidi essenziali significa che non possono essere fabbricati dall’organismo. Li ricaviamo dagli alimenti proteici. Il triptofano, per esempio, è il precursone della serotonina, favorevole al sonno.
Questi aminoacidi sono tutti in competizione tra loro per passare la barriera emato-meningea e arrivare al cervello. L’aminoacido più attivo occuperà il territorio ed impedirà agli altri di passare. Sono lotte abbastanza complesse, che possono spiegare le difficoltà incontrate a volte nell’addormentarsi.
La sera è quindi raccomandabile astenersi da zucchero, caffè, certi tè o bevande come la Coca-Cola. Anche le carni rosse sono da evitare in quanto aumentano il tasso di triptofano che, come abbiamo appena visto, è un precursore della serotonina, la molecola del sonno. E siccome abbiamo bisogno di un sonno leggero per le nostre esperienze notturne, converrà piuttosto facilitare il passaggio di altri aminoacidi che diminuiscono il nostro tasso di secrezione di insulina.
Una alimentazione regolare, ben ritmata e ben dosata è la garanzia di un buon sonno riparatore che facilita il verificarsi delle esperienze notturne.
Tale equilibrio sarà ottenuto non, come si potrebbe pensare, sopprimendo l’ultimo pasto della sera, ma semplicemente alleggerendolo e mangiando alimenti selezionati in funzione della qualità del sonno che si ricerca e anche in funzione della qualità del pensiero che si vuole ottenere.
La mancanza di cibo la sera provocherebbe invece una ipoglicemia e dunque una notte agitata. L’espressione “chi dorme cena” è falsa, almeno nella sua interpretazione corrente. Questa espressione ci viene dal Medio Evo, quando si aveva il diritto ad avere un letto in una locanda solo se ci si cenava. Sarebbe dunque più giusto dire «chi cena dorme».
Invece, il detto veneziano «chi si corica senza cena, si agita tutta la notte» è pieno di saggezza perché l’ipoglicemia agita e sveglia chi mangia troppo poco.
5 - Come mettere in evidenza la proprietà calorifica del fosfene?
Proiezione del fosfene sul dorso della mano.
Gli effetti:
- Proprietà di concentrazione del fosfene dovuta all’adattamento.
- Emanazione sottile dal cervello.
- Presa di coscienza delle sensazioni soggettive.
Questa proprietà del fosfene spiega perché, in occasione dei prodigi solari, i testimoni hanno percepito un calore o una corrente fredda. A Fatima, questa liberazione di calore è stata d’altronde oggettivata dall’asciugatura quasi immediata dell’erba e dei vestiti mentre era appena piovuto.
Le diverse proprietà del fosfene permettono di riprodurre a volontà le differenti fasi dei “prodigi solari”.
6 - Come mettere in evidenza la trasmissibilità dell’energia fosfenica?
– Proiezione del fosfene su una persona in piedi a una distanza di 20 cm, a livello della sua nuca.
La persona sulla quale si proietta il fosfene sente, in generale, parecchie sensazioni tra le seguenti:
Rilassamento fisico – calma mentale – dondolamenti spontanei abbastanza marcati – sensazione di calore o di freschezza – formicolii in certe parti del corpo – torpore di certe parti del corpo – sensazioni di volume e di densità intorno a certe parti del corpo – sensazione di leggerezza – sensazione di fluttuare, di elevarsi, di scendere o di vorticare – sensazione di stirarsi – di essere un punto infinitamente piccolo – di dilatasi nell’infinitamente grande – di essere in una posizione diversa da quella del corpo fisico (fenomeno chiamato “sdoppiamento”)…
- Questa trasmissione dei ritmi del fosfene risveglia nella persona su cui la si proietta dei ritmi profondi che le sono propri. Sono questi stessi ritmi che i bambini sentono spontaneamente. Ecco perché si dondolano di frequente.
- Questa esperienza sottolinea l’importanza dei dondolamenti nelle religioni. I dondolamenti permettono di strutturare e di sviluppare il sistema nervoso. Ecco perché i bambini si dondolano: si lasciano trasportare dai loro ritmi cerebrali. Quando i genitori glielo impediscono a partire da una certa età, impediscono loro puramente e semplicemente di svilupparsi.
- Essa mette in evidenza il processo dell’iniziazione, vale a dire della trasmissione dei ritmi.
Definizione del fosfene
Il termine fosfene ingloba in realtà differenti varietà di fosfeni che l’imprecisione del linguaggio scientifico non permette ancora di classificare:
– co-fosfene – post-fosfene – bagliore diffuso – caos visivo, per non nominare che i più evidenti.
Il fosfene è costituito da un insieme di ritmi cerebrali che mettono in evidenza certe strutture fisiologiche.
- Ritmi e movimenti = energia.
- Deformazione del fosfene = energia sottile.
- Proprietà calorifica del fosfene = emanazione del cervello.
- Proiezione del fosfene su una persona in piedi = trasmissibilità dei ritmi del cervello.
In conclusione: il fosfene è un’energia sottile che emana dal cervello e i cui ritmi sono trasmissibili da una persona all’altra.
7 - Che cos’è il sistema fenico?
Qualsiasi fene è un intermediario fisiologico tra il senso fisico al quale corrisponde ed un senso spirituale equivalente che, una volta risvegliato, dà luogo alla percezione di energie, di avvenimenti o di universi intangibili, cioè non percepibili dai sensi fisici. Fino ai nostri giorni, l’universo spirituale era considerato puramente ipotetico perchè gli strumenti utilizzati nella ricerca scientifica, che non sono che dei prolungamenti della percezione fisica, non sono adatti – a ragione – per individuare energie la cui natura non è fisica.
Tuttavia, a partire da un procedimento e da una metodologia differenti, ma assolutamente scientifici, ciascuno è attualmente in grado di scoprire questa “nuova” dimensione posseduta da ogni individuo.
Il sistema fenico, quando è stimolato, provoca la percezione dei piani spirituali, ciò che le tradizioni chiamano “aldilà”, “mondi invisibili” o “piani sottili”.
L’equivalente del fosfene esiste a livello di tutti gli altri sensi fisici, ai quali bisogna aggiungere il senso dell’equilibrio, una proprietà dello scheletro, l’attività muscolare, la respirazione e la percezione del tempo.
I DIFFERENTI FENI:
1. Fosfene
Il fosfene (fisiologico e non patologico) corrisponde al senso della vista.
2. Acufene
L’acufene (fisiologico e non patologico) corrisponde al senso dell’udito.
3. Gustofene
Il gustofene corrisponde al senso del gusto ed alla masticazione.
Nei monasteri, i monaci mangiano in silenzio mentre un confratello legge un testo. Anche l’ostia permette di fare dei gustofeni molto validi, in cui il gusto rimane a lungo sul palato. (Ritrovare la sensazione di un gusto e osservare l’evoluzione del pensiero).
4. Pneumofene
Il pneumofene è legato all’atto respiratorio.
5. Osteofene
L’osteofene è provocato dalla vibrazione dello scheletro.
6. Miofene
Il miofene è legato all’attività muscolare. Sensazioni cenestetiche, sensazioni di movimento. Si ritrova alla base stessa delle Arti Marziali o di pratiche come il tai chi chuan.
7. Equilibriofene, girofene
Questi feni corrispondono al senso dell’equilibrio, il cui centro è situato nell’orecchio interno. E’ il fene che ci dà la sensazione soggettiva di spostarsi o di fluttuare.
Percezione spaziale inabituale: sentirsi diffusi al di là dello schema corporeo con l’impressione di straripare dai limiti del corpo verso l’infinitamente grande e a volte verso l’infinitamente piccolo. Ci può anche essere una pulsazione ritmica della coscienza, che oscilla tra l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo, dei dondolamenti e la sensazione di fluttuare.
8. Fene dell’odorato (aromatofene o olfattofene).
Questo fene corrisponde al senso dell’olfatto.
Nei luoghi sacri e nei luoghi di culto, l’incenso è utilizzato per stimolare il fene dell’odorato.
9. Fene del senso del tatto (tattofene).
Questo fene corrisponde al senso del tatto.
Sensazione soggettiva di una percezione tattile, di cui la prima a manifestarsi è la percezione del doppio: sensazione di essere contenuto in “qualche cosa” di fisicamente impalpabile, una specie di bozzolo ovattato molto piacevole. In seguito, nelle esperienze di sdoppiamento, percezione di un suolo sul quale si cammina, di oggetti che si toccano. In questo genere di esperienze, si hanno delle vere sensazioni di tatto. E anche delle sensazioni termiche, freddo, caldo, e sensazioni di pressione o di leggerezza. Sensazione acuta del vuoto.
10. Percezione soggettiva del tempo
Certe esperienze fanno perdere la nozione del tempo. La maggioranza delle volte esse sembrano durare meno della loro durata reale. Per esempio, una seduta di un’ora e mezzo può essere percepita come se fosse durata tre quarti d’ora.
Succede anche che si viva a volte un’esperienza che sembra estendersi su un tempo piuttosto lungo mentre non è durata che qualche secondo di tempo reale. Quest’ultimo aspetto si produce soprattutto nel dormiveglia.
Tutti questi feni, e probabilmente altri non ancora individuati (per esempio il fene della voce che potrebbe essere costituito dal pensiero uditivo) sono, naturalmente, legati tra loro. Tutto ciò fa sì che quando si eccita un fene specifico, si potrebbero perfettamente percepire le sensazioni legate ad un altro fene.
Inoltre, esiste un terzo sistema sensoriale che è stato chiamato fino ad ora “centri psichici” o chakra. Questo sistema è legato al sistema fenico. Questo terzo sistema sensoriale è legato alla coscienza. E’ possibile che questi centri psichici o chakra siano, in una certa misura, gli organi della coscienza.
8 - Come sviluppare dei fenomeni di visioni?
FISSAZIONE DEI DETTAGLI DEL FOSFENE
Nello studio delle proprietà dei fosfeni abbiamo descritto certi comportamenti tipici, in particolare i loro differenti ritmi. Ma queste particolarità non si fermano qui. Il fosfene ci permette infatti di penetrare nelle zone più profonde del cervello.
La zona della visione è situata nel retro della testa, a livello della parte occipitale. Il fosfene è dunque percepito contemporaneamente dall’occhio e da questa zona che elabora le percezioni visive. Il comportamento ritmico del fosfene ci mostra il funzionamento reale del cervello, ma è anche possibile vedere ciò che succede all’interno della zona della visione.
Il cuneo è l’organo che produce le immagini del sogno, perché nel sogno nessuna immagine fisica sollecita gli occhi. Il cuneo è anche all’origine di percezioni visive molto particolari che sono le “visioni”.
Effettivamente, quando si eccitano le tre zone concentriche del cuneo con degli elettrodi posizionati sui timpani di un soggetto, questi percepisce, per la prima zona, dei fosfeni informi. Questi corrispondono a ciò che si vede all’inizio nel caos visivo: delle masse nebulose imprecise.
Quando viene eccitata la seconda zona, il soggetto percepisce dei fosfeni di forma geometrica. Allo stesso modo, fissando i riflessi del sole sull’acqua, si percepiscono molto presto dei triangoli, dei rombi, fatto che dimostra che la luce si è diffusa in questa seconda zona della visione.
Quando la terza zona del cuneo è stimolata dagli elettrodi, il soggetto percepisce delle immagini, come delle immagini di un sogno, ma di cui non si capisce la relazione con la sua psiche. Questo corrisponde alle “visioni” delle persone che hanno dei fenomeni di “veggenza”; i lavori del Dottor LEFEBURE dimostrano che tutte le persone che hanno sviluppato la facoltà di veggenza avevano l’abitudine, nella loro infanzia, di osservare i fosfeni e di giocarci.
E’ dunque possibile sviluppare i fenomeni di intuizione, di veggenza e le visioni tramite l’osservazione minuziosa del fosfene, allenandosi ad osservare i dettagli che si trovano al suo interno.
– Fissazione di un dettaglio nel fosfene.
- Osservare le sfumature di colore nel fosfene.
- Osservare le forme che si trovano all’interno del fosfene.
- Seguire i movimenti percepiti nel fosfene.
- Dare la caccia ai dettagli nel fosfene e osservare le sensazioni, le percezioni visive, i pensieri.
9 - Come dirigere o accrescere le esperienze?
Principio: osservare i dettagli delle sensazioni visive, cenestesiche, uditive, ecc.
Punti di riferimento e informazioni per guidare le esperienze
All’inizio, il contenuto delle percezioni non è la cosa più importante. Ciò che importa è ottenere delle percezioni. La difficoltà più grande consiste nel non cercare di interpretare le percezioni, cosa che si tende facilmente a fare perché non si riescono a cogliere tutti gli elementi che sopravvengono, sia perché sono molto incompleti, sia perché sono così ricchi che molti particolari ci sfuggono.
I riferimenti ai quali bisogna limitarsi, per andare il più lontano possibile nell’organizzazione delle percezioni, sono i seguenti:
- Osservare i dettagli delle sensazioni, che siano visive, uditive, cenestesiche o altro. Dirigere sempre la propria attenzione su un dettaglio della sensazione, il che ha per effetto la sua amplificazione.
- Osservare le sensazioni colorate o luminose.
- Dirigere la propria attenzione sugli elementi del mondo vegetale, e penetrare in questi elementi: albero, fiore o pianta.
- Il più importante dei punti di riferimento: LASCIARSI TRASPORTARE DAI RITMI CHE SI SENTONO.
Non è perché non si hanno più sensazioni che l’esperienza è terminata. Non bisogna dimenticare che il cervello lavora in modo ritmico, ragion per cui le sensazioni possono attenuarsi e sparire per un momento. E’ sufficiente allora approfittarne per osservare se non si sente un ritmo o un movimento perché le sensazioni si amplifichino di nuovo.
Esempio di esercizio:
In coppia: l’uno sdoppia l’altro proiettando un’energia sottile di sua scelta. L’osservatore (la persona in stato di sdoppiamento) descrive le sensazioni e le percezioni che si presentano spontaneamente. L’induttore guida lo sperimentatore domandandogli di riportare la sua attenzione su uno degli elementi che ha descritto, in modo da condurlo il più lontano possibile nei ritmi e nelle sensazioni (attenzione a non utilizzare delle suggestioni).
10 - Come vedere l’aura? (dal caos visivo alla percezione dell’aura).
Dal caos visivo alla percezione dell’aura.
Oltre ai fosfeni ottenuti per fissazione diretta di una fonte luminosa e quelli ottenuti per riflessione della luce, esiste una terza varietà di fosfeni che si possono facilmente percepire nell’oscurità senza aver fatto un fosfene. Chiudendo gli occhi e osservando il proprio campo visivo, ci si rende conto in effetti che quest’ultimo non è totalmente oscuro, contrariamente a quanto si potrebbe credere, e che vi si trovano alcune vaghe macchie luminose e colorate. Si tratta di quello che chiamiamo il caos visivo, che è costituito da fosfeni spontanei provocati dall’attività cerebrale: percezione visiva degli scambi inter-emisferici.
Quando si osservano i dettagli del caos visivo, ci si rende conto che esso si precisa progressivamente, che diventa sempre più luminoso e che appaiono dei colori, come pure dei movimenti e delle forme sempre più numerose. Dopo aver così densificato il proprio caos visivo, lo si può facilmente percepire ad occhi aperti, cosa che fa dire ad alcuni di percepire l’ “aura”, mentre descrivono unicamente dei colori e dei movimenti che non sono altro che i ritmi ed i colori del loro proprio caos visivo. Questa percezione delle diverse varietà di fosfeni e le esperienze che producono, sono alla portata di tutti. In “Mistici e Maghi del Tibet”, Alexandra David-Neel descrive i differenti tipi di reclusione praticata dai religiosi:
“Meditare nelle tenebre è una pratica conosciuta in India e nella maggior parte dei paesi buddisti. I Birmani costruiscono a tal fine delle camere speciali – ne ho viste di tipologie differenti durante il mio soggiorno sui monti Saghain – ma i religiosi vi soggiornano solo per qualche ora. Nel Tibet, al contrario, esistono delle persone che passano parecchi anni e persino che si murano a vita in queste specie di tombe”.
E’ evidente che in queste condizioni di oscurità completa il lama ottiene un caos visivo estremamente denso e ricco, e la durata impressionante di tale fissazione dimostra l’importanza che i Tibetani accordano a questa tecnica. Ma visto che ormai conosciamo i principi fisiologici che governano le tecniche iniziatiche, non abbiamo bisogno di praticare un ascetismo così rigido. Il caos visivo è, dopo il fosfene, una delle prime energie sottili facilmente percettibili e osservabili, e dà accesso a fenomeni neurologici molto interessanti. Questa tecnica è particolarmente utilizzata per sviluppare i fenomeni di visione e di intuizione, la veggenza, e per provocare l’esteriorizzazione della coscienza fuori dal corpo.
Questa tecnica consiste nell’osservare i dettagli di una luminosità totalmente soggettiva o, meglio ancora, nella sua accezione filosofica, nell’andare verso la luce. E’ il procedimento di tutte le autentiche tradizioni iniziatiche; e la pratica della fissazione delle fonti luminose dirette o indirette è universale. Gli Antichi affermavano che “la luce è fonte di conoscenza”. Attualmente, grazie ai lavori del Dottor LEFEBURE, sappiamo perché!
Esercizio:
- Dare la caccia ai dettagli nel caos visivo. Durata: ¾ d’ora.
- Osservare le sensazioni soggettive, le percezioni visive, i pensieri, l’umore e il modo in cui si percepisce il corpo.
11 - Quale altro nome si dà al fosfene, in particolare in Oriente?
Il fosfene porta il nome di “terzo occhio” o “occhio di Shiva“.
Nonostante abbiamo due occhi, percepiamo un solo fosfene nel centro del campo visivo, e la concentrazione su un dettaglio del fosfene (terzo occhio o occhio di Shiva) conduce alla chiaroveggenza.
12 - Come allenarsi a vedere l’aura? (o come praticare la fosfovisione fisica?)
La fosfovisione fisica è la percezione, in piena oscurità, di oggetti o di forme che attraversano il bagliore diffuso, terza fase del fosfene.
Ma prima di realizzare questa esperienza, si possono facilmente osservare dei fenomeni di percezione soggettiva, ad occhi aperti.
VEDERE L’AURA:
1. Disporre uno sfondo unito chiaro, e far passare, una per una, parecchie persone davanti a questo sfondo. Poi, osservare l’alone che circonda la testa e le spalle posando il vostro sguardo 5 centimetri al di sopra della testa del soggetto.
2. Chiedere a una persona in piedi davanti allo sfondo unito di dirigere l’attenzione sui suoi piedi.
L’alone diminuisce di intensità e diventa più spento.
Poi chiedergli di pensare ai suoi capelli.
L’alone aumenta di intensità e diventa più luminoso.
3. La persona si abbassa rapidamente (si accuccia bruscamente).
Si osserva una vaga luminosità che segue il corpo, ma più lentamente.
4. Osservare ora l’alone che circonda un oggetto.
Si osserva lo stesso fenomeno per gli oggetti e per gli esseri viventi, con la sola differenza che per un oggetto non c’è alcuna modificazione nell’intensità dell’alone mentre per un soggetto l’intensità della luminosità dell’alone sarà funzione del suo stato d’animo.
Questa percezione dell’alone o bagliore diffuso è chiamata percezione del corpo eterico.
La percezione di questo bagliore diffuso (corpo eterico) intorno ad un soggetto può accompagnarsi alla percezione di colori (caos visivo – aura).
Si tratta di un fenomeno molto complesso di percezione fosfenica, per il quale si ritrova la proprietà del fosfene di plasmarsi intorno ad un corpo o ad un oggetto. Questo alone luminoso è una percezione soggettiva che ricalca la percezione fisica, ma si tratta anche di un fenomeno psichico, perché lo stato d’animo della persona osservata ha un’influenza sull’intensità e sulla luminosità dell’alone. Tale fenomeno è chiamato “percezione dell’aura”.
Così, quando diciamo che abbiamo visto l’aura di una persona con i suoi effluvi di colore, sarebbe meglio dire: il mio caos visivo si è plasmato intorno alla percezione della sua immagine e il mio cervello ha creato un bagliore diffuso. Tuttavia l’interpretazione che io ho dei colori (o aura) nel mio campo visivo sarà funzione delle mie facoltà di interpretazione.